Le previsioni meteo, il giorno prima davano sole e cielo blu. Allora i casi sono due, o chi di noi ha guardato il meteo ma ha cannato la località o anche in Olanda i metereologi si appoggiano al calendario di frante indovino.
Fatto sta che il sole e il famoso blu sono sopra una bella coltre di nubi e nebbia.
Poco male, espletiamo il check-out con calma e ci dirigiamo verso il ponte dove transitano gli aerei dopo essere atterrati sul Polderbaan.
Dopo aver parcheggiato al cimitero, azz tocchiamoci, facciamo diversi scatti da più angolazioni.
Ci lasciamo andare anche a foto più artistiche e riflettiamo sulle riflessioni che si riflettono sul riflettibile, in pratica fotografiamo i canali.
Dopo poco però le inquadrature diventano tutte uguali e quindi ci spostiamo verso un nuovo spotting point.
Mi accorgo di non aver foto on the road e inizio a scattare lungo il tragitto, l’Olanda è immersa nel verde e le casette lungo le strade sono estremamente belle.
In una mattina riusciamo a toccare più punti delle piste in uso, addirittura una sul sentiero in finale dove una regina fatica a restare dentro il 18 mm tanto è bassa sopra di noi, sicuramente voleva essere ricoperta di baci.
In uno di questi spotting point cortesemente veniamo invitati da una bellissima addetta alla sicurezza, altra nostra “carissima amica”, di recarci dall’altra parte della pista e noi, vista l’ora accettiamo volentieri, più per la Frikandel che ci aspetta, che per ottemperare all’ordine.
Rieccoci al piazzale del “patataro”, menù classico, tanto il fegato è andato e siamo già in lista per una donazione di organi.
Tra una foto e l’altra si avvicina a noi il Luigi olandese, uno spotter con un bagaglio fotografico spettacolare e inizia a mostrarci le sue prede catturate negli anni, ne approfittiamo per farci conoscere e scambiarci adesivi e biglietti da visita.
Aldo ritrova un amico di Facebook e subito si perdono nei ricordi di una vita.
Purtroppo l’ora del rientro delle auto è giunta e a malincuore salutiamo gli amici e ci rechiamo in aeroporto, dove ci aspettano almeno altre tre ore di terrazza. Ancora !?!?!?
Diciamo che visto il meteo, la voglia e la stanchezza facciamo impazzire una “carissima” amica che serve al bar della terrazza ordinando un caffè alla volta.
Facciamo i controlli di sicurezza, forse i più rigidi che abbiamo mai fatto, nei tanti viaggi. Io e Aldo facciamo scattare il metal detector e un’ altra cara amica, cavoli ma qui conosciamo proprio tutti, ci blocca e si prepara per un corpo a corpo, peccato che però chieda ad un collega di palpeggiarci e dal modo che maneggia i nostri gioielli sembra quasi prenderci gusto.
Il nostro gate è in tanta malora, opss molto lontano e fortunatamente i tapis roulant aiutano le nostre vecchie e stanche gambe a fare quei pochi chilometri che ci separano dal finger, non prima di fare qualche altro scatto da qualche vetrata, siamo proprio malati.
Il viaggio di ritorno ci regala una bella sorpresa, come saliamo ci accorgiamo che il personale di cabina è in topless….. no, scusate questo è il sogno di Fabio, a noi ci basta vedere che per un caso fortuito quattro piti su sette sono stati assegnati alle porte di emergenza, e dopo un breve corso su cosa fare in caso di emergenza allunghiamo le gambe come fossimo in business class.
In pratica mezzo aereo è nelle nostre mani, potere di essere un Pito.
Puntuali e con una toccata non proprio leggera atterriamo al Catullo, ora è proprio finita, non restano che i saluti e i ricordi e….. ah si, una tonnellata di foto da sistemare.
Da parte mia e di tutti i partecipanti a questa avventura non resta che augurami che questa storia non vi abbia annoiato ma, in qualche modo, stimolato ad essere in prima fila all’apertura delle prenotazioni per la prossima metà.
Vi lascio con queste due immagini, forse le più significative di questa avventura, i nostri visi la dicono lunga sul grado di divertimento della compagnia.
A presto.
