Dopo aver visto le foto sudafricane di Claudio e aver passato un paio di giorni con il magone (vi assicuro che il "mal d'Africa" esiste, eccome se esiste...), questa mattina sono andato a cercare qua e là le foto che feci durante i due mitici viaggi del 2002 e 2003 in Sudafrica e Namibia.
La genesi di questi due viaggi è particolare.
Il 17 settembre del 2001 avrei dovuto essere su un 747 di Lufthansa diretto a New York. Sei giorni prima il mondo cambiò, all'improvviso.
Il mio aereo fu uno dei primi a ripartire verso gli Stati Uniti dopo il blocco dei voli. Semivuoto.
Ovviamente rinunciammo al viaggio. Fu una decisione unanime e rispettosa e Lufthansa, da gran signora, ci rimborsò completamente il biglietto.
La "banda dei quattro" passò qualche giorno in Francia, ma come surrogato in quella che sarebbe stata la mia seconda volta negli States non funzionò più di tanto.
Consci del fatto che non saremmo tornati presto ad attraversare l'Atlantico (ricominciammo nel 2004, con un mitico viaggio in Texas e Nuovo Messico), provammo a pensare a qualcosa di alternativo ed altrettanto succulento. Fu scelto con grande entusiasmo il Sudafrica per una molteplicità di motivazioni. Storia, natura, mito. Tutto insieme. Il boom turistico avvenne qualche anno dopo, il Sudafrica stava uscendo con fatica ma grande vigore da un momento difficile. Perché non tuffarsi ed andare a vedere questi cambiamenti? E fu così che, a fine settembre 2002, salimmo sul 747SP della South African che da Malpensa ci portò a Johannesburg. Aereo favoloso.
Inutile dire che il viaggio fu semplicemente meraviglioso e, ancora oggi, gli aneddoti vengono puntualmente ricordati ogni volta che la "banda dei quattro" di riunisce, per un altro viaggio o una semplice pizza.
Durante i quindici giorni sudafricani, parlando con alcuni suoi abitanti, un filo conduttore fu la Namibia. "Se vi piace il Sudafrica", ci dicevano, "allora per la Namibia diventerete pazzi!". E secondo voi, ce lo facciamo dire due volte?
L'anno successivo fu quindi la volta della Namibia. Organizzare il viaggio fu una mezza impresa. Evitando come la peste le agenzie di viaggio, dovetti arrangiarmi con tonnellate di mail e telefonate. Ora c'è Expedia, Tripadvisor, ogni ben di Dio, ma allora era ancora tutto molto più...rustico. In alcune zone, tra l'altro, esistevano solo strutture statali, sprovviste di sito web. M ce la feci, e fu un altro successo.
Difficile descrivere tutto quanto. Posso solo dire che, per la prima volta nella mia vita, ho sentito il classico "brivido lungo la schiena" associato non dico alla paura, ma al timore senz'altro. Passammo con uno sgangherato VW "Combi" lungo strade dove transitava una macchina al giorno. Durante un trasferimento bucammo tre volte. Con una sola ruota di scorta. Troppo lungo da raccontare come ne uscimmo, ma fu semplicemente straordinario.
Per quanto riguarda l'aspetto "aeronautico", ricordo che la tratta Malpensa - Johannesburg e ritorno fu fatta con un A330 della BMI, che in quei tempi effettuava voli per la SAA. Tra Johannesburg e Windhoek il volo venne fatto con un 737 della SAA. Niente foto. Mannaggia.
Ma quelle che contano sono le seguenti.
Solo il 5% delle strade namibiane è asfaltato. La velocità media dei trasferimenti fu inferiore ai 40 chilometri all'ora.
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Compresa una delle strade mitiche di tutto il continente nero.
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Il deserto della Namibia è causato anche dalla corrente fredda del Benguela, che tocca tutte le coste dell'ex Africa del Sud Ovest. Alle cinque del pomeriggio la costa viene avvolta dalla nebbia, che si dirada la mattina dopo. L'umidità creata dalla nebbia è l'unica fonte di vita di una pianta millenaria, la Welwitschia mirabilis, che cresce tra roccia e sabbia. Vive fino a 2000 anni.
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La zona costiera è in gran parte inserita nello Skeleton National Park, un nome-un programma. L'unica strada che lo attraversa è una pista di sale marino compresso, quello lasciato dall'umidità generata dalla nebbia.
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La "banda dei quattro" in un tentativo maldestro di auto scatto.
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Interno del paese. Decine di chilometri con il nulla ed il meraviglioso.
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Il Sossulsvlei, uno dei deserti di sabbia più famosi al mondo.
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Etosha Park, nella zona settentrionale del paese, uno dei parchi nazionali più grandi del mondo. E più ricchi di fauna.
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Passaggio elefantale
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Passaggio "cobrale"
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Una delle strutture di ospitalità del Parco è ricavata in un vecchio forte tedesco.
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Hai voluto le gambe lunghe?
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Luce e situazioni indimenticabili, vero Gianfranco?
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Nonostante le condizioni davvero inospitali, la zona è abitata da millenni
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Piccoli ma terribili. Ed ovunque.
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Spero di aver portato un po' di calore in questa domenica di tempo terribile.
Ciao Piti!!!