PSC Verona Forum

SPAZIO: GLI SHUTTLES AMERICANI E SOVIETICI, Il Museo di Spira ospita il prototipo della navetta sovietica BURAN

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 2/9/2018, 08:44
Avatar

Top Member

Group:
Administrator
Posts:
1,807
Location:
PARMA, abitante a BRESCIA

Status:


43351890935_b811963a01_hDGC_9380 by Gianluca Conversi, su Flickr


Tutti certamente ricordiamo il programma Space Shuttle, la serie di spazioplani che presero il posto delle capsule Mercury, Gemini ed Apollo, anguste capocchie di spillo montate in cima agli enormi missili figli dei razzi ideati da Werner Von Braun.

30391064368_9e284e49de_hGLC_2726 by Gianluca Conversi, su Flickr

44263220031_cecb7b2011_hGLC_2738 by Gianluca Conversi, su Flickr

29322108277_2ad79d7692_hGLC_2793 by Gianluca Conversi, su Flickr


Un progetto che nelle intenzioni doveva rendere lo spazio economicamente sostenibile riutilizzando le navette e parte dei sistemi di trasporto in orbita bassa (LEO).
Non andò esattamente così: la manutenzione (ed errori vari) fu più onerosa del previsto e le missioni ipotizzate con cadenza settimanale vennero portate ad una 100 giorni per ciascuna navetta.
Errori che portarono purtroppo a due gravi tragedie con la perdita delle navette OV-102 Columbia e 0V-099 Challenger con i loro equipaggi, ricordati nel cimitero di Arlington dagli austeri memoriali dedicati agli uomini e donne che su quelle due sfortunate navette spiccarono l'ultimo volo verso il cielo e lì vi rimasero:

27765448041_d74ade9858_hDGC_9513 by Gianluca Conversi, su Flickr

27229461174_4812f092d4_hDGC_9511 by Gianluca Conversi, su Flickr


Il programma STS (Space Transportation System) terminò nel luglio del 2011 a distanza di 30 anni dal primo volo della navetta Columbia avvenuto il 12 aprile 1981 e dopo 133 voli operativi, 811 uomini trasportati e 20710 orbite compiute intorno alla Terra.

Dalla messa a terra degli Shuttle americani la NASA tutt’ora ricorre (pagando) alle vecchie, rustiche ed affidabili capsule russe Soyuz che anche durante il crollo dell’Unione Sovietica continuarono ad essere prodotte e tutt’ora rappresentano l’unico sistema spaziale al mondo in grado di trasferire equipaggi umani alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Dopo la messa a terra degli Shuttle la NASA aprì con decisione ai privati; visionari miliardari con le loro aziende e colossi aerospaziali hanno già prodotto sistemi di trasporto commerciali che contribuiscono alla messa in orbita di satelliti e consegna di rifornimenti ed equipaggiamenti alla ISS stessa.

Lo Shuttle non avrà un successore, un nuovo grande spazioplano pilotato; sono in costruzione (in America) diversi sistemi di trasporto, ma per quanto tecnologicamente più evoluti, si rifanno come configurazione al design delle antiche capsule Apollo.

Parliamo di Orion di Lockheed Martin, destinata ai voli verso lo spazio profondo ed ai veicoli spaziali destinati ai voli in orbita bassa come il CST-100 Starliner di Boeing, la navicella Dragon di SpaceX (le ambizioni di Elon Musk sono di portarla molto più lontano), il piccolo e discusso spazioplano Dream Chaser di Sierra Nevada nel quale l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è interessata.

42450334840_2010416370_hGLC_2779 by Gianluca Conversi, su Flickr


Nel 2019, forse vedremo il ritorno di esseri umani su navette americane, ma è da vedere.

Gli Shuttle rimasti sono stati tutti musealizzati in diverse località americane ma non sono visitabili all’interno con l’eccezione di alcune repliche costruite negli anni per i test a terra e le simulazioni di equipaggiamenti interni.
Come sempre accade nei paesi anglosassoni, la musealizzazione di una macchina che ha fatto la storia è evento celebrato nel migliore dei modi, eventi mediatici che catturano spettatori, curiosi, media e… sponsor.

Ho avuto il piacere di vedere dal vivo 2 delle 4 navette veterane ed un mock-up utilizzato per i numerosi e complicati tests a terra, mentre mancai per poco la quarta (l’OV-104 Atlantis) perché quando visitai Kennedy Space Center a Cape Canaveral, il memorial destinato ad ospitarla era in via d’ultimazione e lo Shuttle non era per questo accessibile.

OV-101 Enterprise
L’unica navetta costruita non in grado di volare nello spazio ed adibita essenzialmente ai tests di sgancio, assemblaggio ai razzi vettori ed al volo planato verso terra, ebbe come destinazione finale New York.
Fu trasferita a bordo di uno dei due vecchi Boeing 747-100 della NASA modificati per trasportare le navette spaziali sul proprio dorso (parliamo di oltre 68 tonnellate…) ed atterrò all’aeroporto Kennedy e poi trasferita con un pontone via mare sino all’Intrepid Air and Space Museum, collocazione che devo dire non mi piace affatto perché rovina l’estetica esterna della portaerei USS Intrepid e confina lo shuttle all’interno di una tensostruttura costruita sul vecchio ponte di volo.
Si poteva fare meglio.. decisamente meglio.

44273182181_4883769c43_hDGC_8944 by Gianluca Conversi, su Flickr

44224782072_d2563d030a_hDGC_8943 by Gianluca Conversi, su Flickr


Ma l’arrivo dello Shuttle Carrier Aircraft a New York vide migliaia di persone attorno all’Hudson e per quei pochi minuti nei quali il vecchio Jumbo Jet ed il suo carico transitarono a bassa quota sorvolando il Ponte di Verrazano e poi Manhattan, Jersey City ed Ellis Island, il lavoro si fermò per molti: incollati alle finestre, ai cristalli dei grattacieli o fuori dalle terrazze, uomini, donne e bambini salutarono il flypast dell’Enterprise sventolando lo sventolabile.
A novembre 2016 andai a New York per lavoro, l’ufficio della mia azienda si trova nella nuova Jersey City proprio di fronte a Manhattan. Da una delle sale riunioni si gode una vista mozzafiato di New York e attraverso i cristalli il mio collega Wai scattò alcune fotografie che rimarranno nella storia, eccone una che gentilmente concesso di condividere esclusivamente per questo post:

41894845775_6b20335d92_hSpace Shuttle Enterprise by Gianluca Conversi, su Flickr


OV-103 Discovery
La navetta si trova a Washington, “on display” nel "James S. McDonnell Space Hangar” del museo "Steven F. Udvar-Hazy Center” e meglio noto come Smithsonian:

43351888055_2faba3cc6d_hDGC_9374 by Gianluca Conversi, su Flickr


Inspiration (replica)
Lasciando Cape Canaveral direzione Titusville, FL poco lontano dal Kennedy Space Center, si trovava la US Astronaut Hall of Fame; all'esterno del complesso, il pezzo forte era la replica North American Rockwell OV-097 Inspiration, fotografata dalla strada al tramonto nel 2016, a mezzanotte ora di Greenwich :D per l'esattezza:

43540809444_938b555353_hGLC_2804 by Gianluca Conversi, su Flickr

44257632801_d624900474_hGLC_2803 by Gianluca Conversi, su Flickr


Oggi la navetta non si trova più a Titusville, così come la Astronaut Hall of Fame trasferita all'interno dello Space Center Complex di Cape Canaveral.
Essa è stata prima portata all'interno dello spazio porto e poi dopo un lungo lavoro di restauro, diverrà una mostra itinerante muovendosi via canali e fiumi per l'America come mostra itinerante.

Lo space shuttle OV-105 Endeavour, la più "nuova" costruita con parti di ricambio di Enterprise ed Atlantis dopo la tragica esplosione in volo del Challenger, si trova invece al California Science Center di Los Angeles.

Un’altra replica, l’OV-100 Explorer (ribattezzata di recente Independence) è stata spostata a Houston, TX al Johnson Space Center mentre ulteriori mock-up si trovano a Downey, CA (navetta Inspiration 2 - disassemblata per ragioni finanziarie legate al restauro -) Huntsville, AL (OV-098 Pathfinder), Gurnee, IL (Parco "Six Flags of America", navetta America - un semplice simulatore per i visitatori per quanto molto fedele, ora rimosso dal display).

Questa lunga introduzione ci è servita per ritornare al di qua dell’Oceano Atlantico, in Europa; di nuovo a Spira al Technik Museum Speyer del quale potete vedere una ghiotta anteprima qui https://piti.forumfree.it/?t=75922782 con protagonista il suo Boeing 747-200 montato a 20 metri d’altezza.

Nell’attuare la politica dello specchio l’Unione Sovietica progettò e mise in produzione il progetto BURAN. la propria versione di space shuttle, non senza il contributo dei propri abili servizi segreti.

A Spira è conservato il modello OK-GLI, il testbed che servì di collaudo per la navetta vera e propria, mentre gli altri spazioplani sovietici (poi russi) hanno fatto (purtroppo) più o meno una brutta fine.

42366101500_6ae8febe45_hDSC_1226 by Gianluca Conversi, su Flickr

29236629277_f13ca6428c_hDSC_1222 by Gianluca Conversi, su Flickr


Se dall’aspetto esterno i due shuttle sono assai simili, vi sono però differenze sostanziali.
Le navette americane generavano la propria spinta attraverso i propri grandi motori alimentati dal grande serbatoio ventrale esterno e da due boosters laterali che generavano la spinta necessaria per il take-off.
Il rientro degli shuttle era esclusivamente pilotato.
Il progetto russo prevedeva il decollo attraverso il grande vettore Energija, un mostro di potenza pari o superiore al più famoso Saturno V americano e la navetta era in grado di volare e rientrare anche in modalità automatica senza astronauti a bordo.
Come il progetto Buran, anche Energija venne purtroppo abbandonato a seguito del crollo dell’Unione Sovietica.

44153619442_9514a41359_hDSC_1184 by Gianluca Conversi, su Flickr


Il prototipo OK-GLI entrò in servizio nel 1984 ed aveva lo scopo di testare aerodinamica, controlli di volo, planata e rientro a terra. Eseguì 25 voli in atmosfera tra il 1984 e 1989 contribuendo al successo della prima e purtroppo unica missione orbitale della navetta Buran, avvenuta nel 1988.

A differenza delle navette destinate al volo nello spazio ed a differenza dell’analoga Enterprise americana che veniva portata in volo dal suo aereo-madre B747 e poi sganciata in quota, l’OK-GLI decollava da terra in modo autonomo grazie a 4 propulsori Lyulka AL-31, gli stessi della ben più famosa famiglia di aerei da combattimento Flanker.

30334418068_3920f0feeb_hDSC_1183 by Gianluca Conversi, su Flickr

35697417343_87a51f4a6e_hDGC_0420 by Gianluca Conversi, su Flickr


Abbandonato nel 1993 il progetto Buran per la crisi economica della neonata Repubblica Russa, la storia di OK-GLI, è intrigante e merita di essere raccontata.
Dopo 10 anni di abbandono in un hangar, nel 1999 OK-GLI venne portato a Sydney dove fu esibito come attrazione turistica durante i Giochi della XXVII Olimpiade.
Successivamente, la navetta venne acquisita da un gruppo di investitori di Singapore che intendeva portare OK-GLI in giro per il mondo partecipando a mostre ed eventi temporanei dedicati allo spazio e non solo.
Comunque siano andate le cose, il viaggio di OK-GLI terminò nel Bahrain, prima ed ultima tappa del progetto.
Pare per problemi finanziari che causarono lo stoccaggio del Buran nel porto locale, la macchina vi rimase sino al 2003 quando il lungimirante Museo di Spira riuscì ad acquisirlo.
Lo stato della navetta e gli immancabili problemi burocratici fecero sì che OK-GLI rimase altri 5 anni nello stato arabo, praticamente abbandonato.
Nel Marzo del 2008, giunse l’ora fatidica: il testbed del Buran venne caricato su una nave cargo ed attraverso Suez, Gibilterra e la Manica arrivò nel grande porto olandese di Rotterdam dove vi giunse il mese successivo.
Dopo lo smontaggio di ali e timone dalla fusoliera, una gru deposita la navicella spaziale su un treno di semi-rimorchi con pianale ribassato a sedici assi e trainato da un poderoso Mercedes-Benz Actros SLT 4160 8×6/4; inizia il lento viaggio verso quella che sarà la sua destinazione finale, il Museo della Tecnica di Spira.
Dopo un iniziale tratto autostradale, il Buran venne trasferito su pontone e fatto proseguire lungo il fiume Reno; giunto nei pressi di Spira i pezzi della navetta vennero caricati nuovamente su speciali semi-rimorchi speciali per l’ultima e definitiva tratta in mezzo a due cordoni composti da migliaia di spettatori.
4 potenti trattori, 1 Titan e 3 Actros in colonna entrarono nell’area museale decretando la fine del lungo viaggio dello spazioplano sovietico iniziato nel 1999 e terminato quasi 10 anni dopo.
Vedere trasporti eccezionali di questo tipo è uno spettacolo: strade, ponti, alberi, balconi, svincoli sono ostacoli a volte insuperabili, manovrare in spazi ridotti a pochi centimetri con un colosso a rimorchio richiedono autisti esperti e dotati dei giusti attributi.

La navetta riposa ora nella sala “Apollo and Beyond”, pezzo più importante a fianco della capsula originale russa Soyuz TM-19 ed altri reperti originali o ricostruiti che hanno segnato, e segnano tutt’ora, la corsa allo Spazio.

43456191854_0b938fe525_hDSC_1230 by Gianluca Conversi, su Flickr


OK-GLI non è parte di una presentazione multimediale “all’americana”, ma è visitabile, seppur con limitazioni, da poppa e da dritta dove si può apprezzare da vicino l’ampio vano di carico cosparso di equipaggiamenti vari e del serbatoio di carburante che alimentava i 4 propulsori. La cabina è visibile seppur attraverso opache e rovinate protezioni in plastica rigida.

44204261501_48c9c2fe2b_hDSC_1197 by Gianluca Conversi, su Flickr

43295858915_be5fa29682_hDSC_1185 by Gianluca Conversi, su Flickr


43486398074_6bfd72cce7_hDSC_1200 by Gianluca Conversi, su Flickr

43486336144_95784e3895_hDSC_1199 by Gianluca Conversi, su Flickr

42396741880_9477168219_hDSC_1202 by Gianluca Conversi, su Flickr

29267328787_a839dba54e_hDSC_1188 by Gianluca Conversi, su Flickr

30334509178_d37458a36e_hDSC_1186 by Gianluca Conversi, su Flickr

29267284767_45c12cdfdf_hDSC_1187 by Gianluca Conversi, su Flickr

29267760637_f95601a7cb_hDSC_1203 by Gianluca Conversi, su Flickr

30336973058_33eeab9d11_hDSC_1204 by Gianluca Conversi, su Flickr


Tra i pezzi esposti e collegato al programma Buran, troviamo il piccolo spazioplano BOR-5, un modello in scala ridotta 1:8 inviato nello spazio per i test di configurazione aerodinamica, di sopravvivenza al rientro nell’atmosfera e più in generale alla sperimentazione e verifica delle tecnologie per rendere il Buran realmente riutilizzabile.

42396846220_9cccc27368_hDSC_1207 by Gianluca Conversi, su Flickr


Su 5 modelli costruiti, solamente due sono sopravvissuti in due decadi di negligenze e trascuratezza; anche le paranoiche misure di sicurezza e mantenimento di segreti che non potevano più esserlo hanno segnato preservazione delle navette classe Buran, incredibili macchine di cui oggi rimane ben poco, come documentato da questo collage di tristi immagini reperite sul web.

29482177557_af5cfabc55_hBuran_abandoned by Gianluca Conversi, su Flickr

Edited by GIORGIO CASTELLI - 2/9/2018, 12:25
 
Web  Top
view post Posted on 2/9/2018, 09:58
Avatar

Historical Member

Group:
Administrator
Posts:
6,642
Location:
Castel d'Azzano

Status:


Bellissimo viaggio, fantastico, in una sola parola: BRAVO!
 
Web Contacts  Top
view post Posted on 10/9/2018, 03:40
Avatar

Historical Member

Group:
Administrator
Posts:
7,731

Status:


Concordo con Aldo: i tuoi post ti "trasportano" dentro il racconto.
Complimenti anche per le bellissime immagini.
Grazie.
 
Top
view post Posted on 1/1/2019, 10:19
Avatar

Historical Member

Group:
Administrator
Posts:
4,089

Status:


Mi ero spostato nella sezione del forum per leggere il tuo racconto su Volandia e mi sono accorto che questo mi era sfuggito completamente!
Letto tutto di un fiato. Ho iniziato l'anno imparando qualcosa di nuovo sulla mitica Buran.
Ringrazia il tuo amico che ha scattato la foto al 747 con sul dorso lo Shuttle, due miei miti in una singola foto.
Grazie come sempre Gian, e mi collego a quanto detto da Aldo: BRAVO!

Marco.
 
Web  Top
3 replies since 2/9/2018, 08:44   297 views
  Share