Con un po’ di ritardo sono qui a proporvi il Trip Report del mio ultimo viaggio negli Stati Uniti, svoltosi nella seconda metà di settembre negli stati di Washington e Oregon, del quale avete già visto la parte “aeronautica”.
Anche questo viaggio ha una genesi lontana. Il mio primo viaggio negli Stati Uniti, nel 2000, iniziò da San Francisco e da allora mi ha sempre ingolosito quella parte di costa che va dalla città della Baia al confine con il Canada.
In un primo momento l’idea era di volare su Seattle e poi scendere lungo la costa fino a raggiungere San Francisco, ma la distanza chilometrica è impressionante e la strada costiera non proprio veloce, per cui abbiamo deciso di concentrarci sugli stati di Washington e Oregon, che già da soli ispirano parecchio.
Prima facciamo un po’ di conti e di riassunto.
Il viaggio del 2015 è stato il decimo effettuato nel Nord America. Siamo in doppia cifra!
2000: USA (California, Nevada, Utah, Arizona)
2004: USA (Texas, New Mexico, Florida)
2007: USA (New Jersey, Delaware, Maryland, Washington DC, Virginia, Tennessee, Arkansas, Kentucky, Illinois, Indiana, Pennsylvania, Ohio, New York)
2009: USA (New Jersey, New York)
2011: USA (Florida)
2012: USA (Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York)
2013: Canada (Ontario)
2013: USA (California)
2014: USA (Nevada, Arizona, Utah, Idaho, Wyoming, Colorado)
2015: USA (Washington State, Oregon)
Siamo a 29 stati visitati, compreso il District of Columbia. Restano fuori stati decisamente alla portata, ma ci sono anche dei bei ossi duri (Alaska e Hawaii).
Stati visitati by
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Dopo mesi di appostamento e di giornaliere ricerche sui siti delle compagnie aeree abbiamo scelto di viaggiare con Lufthansa, ancora una volta. Il periodo scelto alle volte riserva delle belle sorprese, e quando il costo del volo è sceso sotto i 700 euro lo abbiamo preso al volo. Anzi, alla fine è costato meno di 650. L’unico inghippo è stato il night stop a Francoforte; il primo volo di Lufthansa parte troppo tardi e non permette di poter usufruire del proseguimento diretto.
Nel corso degli anni la possibilità di viaggiare da Verona si è ridotta notevolmente. Abbiamo avuto la possibilità di partire per il mondo facendo scalo a Parigi, Amsterdam, Vienna, Zurigo, Bruxelles, Madrid, tutte destinazioni ora finite nel dimenticatoio. Rimangono Monaco, Roma e le “zoppe” Francoforte e Londra, zoppe nel senso che sei soggetto spesso a night stop nel primo caso e quasi sempre al cambio di aeroporto nel secondo. E sì che i veronesi viaggiano, eccome! Questa cosa mi fa incazzare come una biscia.
Si parte di sera, un’opzione che non mi dispiace in quanto ti permette di fare le cose con calma e non subire levatacce. Però perdi un giorno, e ciò non va bene. Siamo in quattro: io, Angela ed una coppia di grandissimi, Alberto (el Capitan) e Gloria.
Verona 1 by
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Ad attenderci il 190 di LH Cityline.
Verona 2 by
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Sensazione strana non vedere il verdeazzurro di Air Dolomiti.
Verona 3 by
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Ci si muove con dieci minuti canonici di ritardo, forse a causa del massiccio traffico del Catullo….. Mentre rulliamo verso l’uscita dal piazzale ho il tempo per osservare il vuoto assurdo dei parcheggi e la presenza di sole altre due compagnie aeree, una delle quali è già classificata tra le “ex”.
Verona 4 by
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Verona 5 by
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Ci sono molte nuvole ed un po’ di vento. Il viaggio si preannuncia leggermente movimentato. Si decolla per 04, cosa che mi piace assai per la il panorama del quale si può godere durante le due o tre virate previste dalla SID.
Verona 6 by
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Il volo è pieno, la corsa di decollo dolcemente lunga.
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Verona 8 by
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L’atmosfera è incredibile. Il giallo è naturale…
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Il brutto tempo in quota obbliga l’aereo ad una rotta decisamente più lunga del solito, ma si atterra comunque in orario.
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Da notare la perdita di quota continua, molto dolce, durata almeno 35 minuti.
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L’avvicinamento è ormai un film visto e rivisto ma, come “Una Poltrona Per Due”, sempre gustoso e imperdibile.
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Il parcheggio, come al solito, è nella zona dei “reietti”. Se hai un coincidenza da prendere al volo devi mettere in preventivo almeno un quarto d’ora di autobus. E poi il resto…
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La notte la passeremo all’Hilton, ma non in quello dei “grandi”. Per ottanta euro, infatti, puoi dormire nel “clone” Garden, senza colazione. Splendido hotel nonostante sia il figlio minore, comodissimo e a due passi dal terminal e dalla stazione dei treni. Già “usato” tre volte.
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Si dorme di gusto e facciamo le cose con calma, la mattina seguente il volo ci aspetta per le 10.30 e avremo tutto il tempo per gestire l’attesa in maniera ottimale.
Per uno dei motivi che non capiremo mai (e sconosciuto anche agli addetti LH) l’aver ritirato i bagagli la sera prima ci impedisce di fare il check-in alle macchinette. Siamo costretti a metterci in fila ai banchi dei “casi disperati”, tipo riprotezioni, passeggeri con disabilità, ESTA non compilato, ecc… Bella esperienza….
Questo piccolo contrattempo ci fa arrivare al gate pochi minuti prima dell’inizio dell’imbarco. Riesco a fare due foto al volo, anche se il tempo è pessimo.
La nostra bestiolina.
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Lui, invece, è pronto per LAX
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Imbarco abbastanza caotico, le file si confondono, i passeggeri si ammassano vicino al desk in quanto il volume dell’altoparlante è troppo basso e si fa fatica a sentire. Per fortuna siamo in fila 54 e ci imbarchiamo tra i primi, il resto della truppa si sistemerà con tempi biblici causando una quarantina di minuti di ritardo.
La fila 54 è una bella scelta. E’ in coda, dove i posti della fila del finestrino si riducono da tre a due, lasciando molto spazio tra te e il finestrino stesso. Ottimo se si viaggia in due.
Siamo pronti.
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Vai Hans, a tutta manetta. Che bello il rombo del -400
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Ciao ciccio, ci si vede.
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Volareeeeeeeeeeeee……oh oh
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Abbiamo, finalmente, la possibilità di viaggiare con una bella luce e poche nuvole. Nonostante non sia il primo viaggio su quella rotta, non ero mai riuscito a vedere la Groenlandia, quasi sempre coperta da un compatto strato di nuvole. Ed invece….
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Groenlandia 2 by
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Groenlandia 3 by
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Volo piacevole, due o tre film d’azione e siamo quasi arrivati. Ecco il Canada.
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Nonostante la rotta più lunga le buone condizioni meteo ci permettono di recuperare una decina di minuti. Si arriva con ancora quasi tutta la giornata davanti. Magia del fuso orario.
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Durante l’avvicinamento si passa sopra il Boeing Field, oggetto verso la fine del viaggio ad una mitica visita al Museum of Flight.
Landing 1 by
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Norwegian pronto al volo di consegna sulla pista e il museo sulla sinistra, con il nuovo hangar in fase di costruzione.
Landing 2 by
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Benvenuti a Seattle!
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Alla frontiera, per la prima volta, sperimentiamo le nuove macchinette automatiche per il controllo dei passaporti, del viso e delle impronte digitali. Diciamo che, se sai usarle, guadagni un po’ di tempo. Noi abbiamo voluto provare e siamo usciti dalla dogana quando quelli che si erano messi in fila nei varchi tradizionali avevano già finito il pranzo.
La navetta ci porta al “Car Rental Facility”, ormai comune in tutti gli aeroporti statunitensi e in molti europei. E’ talmente grande che potrebbe starci dentro il Catullo e due o tre centri commerciali.
Airport 1 by
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La bellezza di questi “Facility” è che, una volta completata la registrazione al desk, puoi avviarti nella zona dove sono parcheggiate le auto della tua categoria e scegliere con calma quella che meglio si addice alle tue esigenze. Abbiamo optato per quella con il bagagliaio più generoso: quattro valige grandi e un po’ di trolley sono difficili da sistemare…
Ecco il “camion” scelto.
Macchina by
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In pochi minuti siamo in albergo a Tukwila.
Hotel Tukwila by
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Il tempo di una doccia e di altre necessità (guardare il whatsapp dei Piti, cosa avevate pensato?) siamo pronti per la prima tappa obbligata del viaggio. Le immagini non hanno bisogno di spiegazioni.
Hendrix 1 by
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Hendrix 2 by
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Jimi è un figlio di Seattle, nonostante la sua carriera musicale si sia sviluppata prima tra Indianapolis e Nashville e poi, più compiutamente, nella Grande Mela.
La visita al Memorial di Hendrix ci introduce indirettamente alla prima zona che visiteremo. Jimi era infatti figlio di un afro-nativo (cherokee) e la nostra destinazione è la Yakima Valley, zona dove è presente una grande riserva di nativi americani. La Yakima è famosa per il vino (seconda zona degli USA dopo la Napa Valley) e per la produzione del luppolo; il 70% del luppolo prodotto negli Stati Uniti e il 25% di quello prodotto al mondo viene dallo stato di Washington (altro 15% dall’Oregon) e sono migliaia le birrerie artigianali presenti sul territorio.
Vigne Yakima by
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fonte: web
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L’entrata in Yakima è preannunciata dalla confluenza del Naches River nello Yakima River.
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Washington e Oregon sono stati tra gli ultimi stati ad essere interessati dai viaggi di esplorazione degli americani e tra gli ultimi ad entrare a far parte degli Stati Uniti (33° Oregon 1859, 42° Washington 1889). In questo angolo degli USA lo spirito pionieristico è ancora forte e si riscontra un po’ ovunque, nell’architettura, nella cucina, nel design e, ovviamente, nella gente.
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Il nostro albergo a Yakima, decoroso, ma gestito in maniera approssimativa. Vi passeremo due notti per permetterci di fare la gita al monte Rainier.
Hotel Yakima by
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Il monte Rainier è maestoso ed inquietante. Prima cosa: è un vulcano, anche se l’ultima attività eruttiva risale ad oltre cento anni fa. Secondo: è alto quasi quattromila e quattrocento metri ed è isolato da altre montagne. L’effetto, come detto, è davvero inquietante. La sua presenza è visibile da quasi tutto lo stato di Washington e offre spunti fotografici incredibili.
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Purtroppo la nostra visita coincide con una brutta giornata dal punto di vista meteo. La cima è nascosa dalle nuvole e non fa molto caldo….
Rainier 1 by
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Rainier 2 by
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Arriviamo fino a circa 1600 metri di altezza in località Paradise. Per darvi un’idea di quanto sia importante il Rainier per gli americani basti sapere che è visitato mediamente da 1.300.000 persone l’anno. Fa parte della catena delle Cascades, alla quale appartiene anche in Mount St. Helens, vulcano che fu attore di una devastante eruzione nel 1980.
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Lasciato il Rainier ci aspetta una tappa piuttosto lunga che ci porterà a Portland e in Oregon lungo la valle del fiume Columbia, uno dei fiumi più importanti degli Stati Uniti, lungo circa duemila chilometri e navigabile per un lungo tratto grazie alla sua impressionante larghezza.
Dopo una sosta al WAAAM Museum, oggetto di un apposito thread, arriviamo a Portland, una città che non mi ha impressionato più di tanto anche se offre degli spunti davvero interessanti.
Si alloggia al Clarion, in riva ad un civettuolo laghetto.
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Una delle maggiori attrazioni della città è il Washington Park dove ha sede una delle più grandi collezioni di rose del mondo.
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Una serie di incomprensioni e di errate segnalazioni ci lascia al parco alle sei di sera, senza autobus per il ritorno. Ci vuole una passeggiata di cinque chilometri per ritornare alla fermata del tram, ma alla sera riusciamo clamorosamente a recuperare le calorie spese con una grandiosa cena da Famous Dave’s, dove si mangia una clamorosa carne affumicata.
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fonte web
Dopo aver lasciato senza rimpianti Portland ci spingiamo ancora più a sud, verso una delle tappe obbligatorie del nostro viaggio, Eugene.
A molti questa verde città universitaria non dirà nulla, ma a chi ha fatto atletica come il sottoscritto ed il mitico Capitano Alberto, Eugene è un sogno. Se Montecarlo è la Formula Uno o Twickenham è il rugby, ecco, Eugene è l’atletica. Qui si svolgono spesso il Trials, ospita una tappa della Diamond League ed è la patria di Steve Prefontaine.
Steve “Pre” Prefontaine, morto a soli 24 anni in un incidente d’auto, era ed è una leggenda dell’atletica. Non sto qui a raccontarvi la sua storia, la trovate su Wikipedia ed in un paio di film, ma se il suo ricordo è ancora così presente dopo quaranta anni dalla sua scomparsa qualche motivo c’è.
Siamo andati a visitare la “Pre’s Rock”, il luogo dove è avvenuto l’incidente.
Pre 1 by
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L’Hayward Field, dove soleva allenarsi nel lavoro in pista.
Pre 2 by
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e soprattutto il “Pre’s Trail”, un percorso costruito apposta per lui in un parco sulle rive del fiume Willamette, vicino ad un altro mito dello sport a stelle e strisce, lo Autzen Stadium dove giocano gli Oregon Ducks
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Passiamo due notti a Eugene, in modo da poter visitare il secondo “mostro” montuoso, il Monte Hood, altro stratovulcano dormiente, altro monte maestoso ed inquietante. Alle sue pendici c’è il Timberline Lodge, famoso per essere stato usato per le riprese esterne del film “Shining”.
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E’ ora per trasferirsi sulla costa, ma non al caldo. La costa alta del Pacifico è caratterizzata da un clima piuttosto freschino ed umido, frutto dell’incontro di una corrente calda (Alaska) e fredda (California). Quello che ne scaturisce è un alternarsi tra nebbia, sole cocente, onde alte e maree strepitose. Dormiremo a Lincoln City e Seaside.
Hotel Lincoln City by
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Ecco la serie scattata sul Pacifico. Mi mangio le mani per non aver osato di più…
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Dopo due splendidi giorni di sole, nebbia, pesce ed onde è ora di tornare verso Seattle. Vi ho già raccontato le esperienze aeronautiche al Boeing Field e a Everett, ora lasciamo spazio alla città.
Microsoft, Amazon, Starbucks, Boeing, Expedia. Basta questo “quintetto base” per farvi capire l’importanza della città, una tra le comunità con il più alto indice di sviluppo. La città è ricca, e si vede. E’ sempre in trasformazione, e si vede. L’atmosfera è elettrizzante e a volte sorprendente. Insomma, mi è piaciuta, e tanto.
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Leggendario il “Fish and Chips” al Pike Place, dove tra l’altro è situato il primo Starbucks e una pasticceria russa che ancora sogno di notte, la Piroshky-Piroshky
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Riusciamo anche a fare una gita nelle isole che costellano il Puget Sound
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Dopo l’ultima notte a Seattle, nella zona dell’aeroporto…
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….e un’altra serata culinaria leggendaria allo Sharp Roasthouse, dove servono un pollo arrostito ed affumicato per dieci ore (!) è arrivato il momento, tristissimo, di rientrare.
Ecco che arriva il nostro ciccio.
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A Seattle hanno un sistema intelligente e semplice per governare gli imbarchi. Ci sono cinque cartelli che indicano di allinearsi sotto di essi tenendo conto del numero di posto. Uno per la First e Business, uno per le famiglie con figli e tre file per la economy. Semplice e ordinato.
Dopo due settimane di secco, ecco che alla partenza piove. Spiace.
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Ritorno nuvoloso fino in Europa, ma tanto si dorme. O si tenta di farlo….
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Ci siamo quasi.
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Francfort
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Non sono lì per noi.
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Ci parcheggiano, di fatto, a…..Magonza. Zona Lufthansa Tecknik, probabilmente lo portano a fare un check. Mai sceso da un bestione con le scalette. Sticazzi se sei in alto….
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Otto ore e mezza tra Seattle e Francoforte sono davvero pochine, si è viaggiato veloce veloce…quasi sempre sopra le 500 miglia orarie.
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Il tempo a Francoforte scorre relativamente veloce. A ridosso dell’imbarco troviamo quattro poltrone lunghe comodissime e quattro su quattro di noi si trasformano in balene spiaggiate dormienti. Ci svegliamo giusto in tempo per metterci in coda all’imbarco.
Scherzi a parte, questa volta il nostro Embraer è davvero parcheggiato all’estremo dell’aeroporto.
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Simpatica composizione con alone e ombra di aereo.
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Aria di casa
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Bentornati nella desolazione di Villa.
Grazie a tutti e buona domenica!